20/06/2022 00.00 - Radiocor
Bankitalia Mezzogiorno arretra, per le imprese difficolta' accesso al credito
Signorini: sconforta vedere che divario si e' aggravato
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Roma, 20 giu - Il divario del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese negli ultimi anni invece di ridursi si e' acuito. Lo certifica un Rapporto della Banca d'Italia 'Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico' messo a punto dal Dipartimento economia e statistica e dalla rete delle Filiali della Banca. "C'e' sconforto nel vedere che negli ultimi quindici anni si e' aggravato" commenta il Direttore generale della Banca, Luigi Federico Signorini parlando del divario Nord-Sud nel corso di una tavola rotonda di economisti che segue l'introduzione ai lavori fatta dal Governatore, Ignazio Visco, e dalla ministra del Sud e della coesione territoriale Mara Carfagna. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e quella del debito sovrano "il Mezzogiorno, che gia' dagli anni Ottanta aveva mostrato difficolta' nel mantenere il passo con il resto del Paese, ha visto progressivamente diminuire il suo peso economico, evidenziando una crescente difficolta' nell'impiegare la forza lavoro disponibile, una riduzione dell'accumulazione di capitale, in precedenza fortemente sostenuta dall'intervento pubblico, e una minore crescita della popolazione rispetto alle aree piu' avanzate del Paese dove si sono concentrati i flussi migratori". E' cruda l'analisi dell'andamento del settore privato. "Nell'ultimo decennio si e' ulteriormente ridotto il peso gia' modesto delle attivita' manifatturiere meridionali sul totale nazionale ed e' stata minore la capacita' dell'area di sviluppare i servizi a maggior valore aggiunto". Secondo la Banca d'Italia , "il tessuto imprenditoriale meridionale mostra evidenti fragilita' che si riflettono nelle condizioni economiche e finanziarie delle imprese, in media meno produttive, meno capitalizzate, meno profittevoli di quelle del Centro Nord. La maggiore rischiosita' che le caratterizza, unita a fattori di contesto sfavorevoli come i tempi elevati delle procedure di recupero dei crediti per via giudiziale, si traduce nella difficolta' di accedere al credito e ad altre forme di finanziamento, limitandone ulteriormente la capacita' di investire e crescere". E' quindi il settore pubblico ad avere nel Mezzogiorno "un peso e una rilevanza economica nettamente superiori rispetto al resto del Paese" si legge nel Rapporto della Banca d'Italia. L'economia meridionale si e' trovata cosi' particolarmente esposta nell'ultimo decennio alla correzione di finanza pubblica imposta dalla crisi dei debiti sovrani, che ha determinato il calo dell'occupazione nelle varie articolazioni della Pubblica amministrazione e la riduzione degli investimenti pubblici, da cui indirettamente dipendono anche molte attivita' del settore privato. Gli economisti della Banca d'Italia ritengono quindi che al di la' degli sviluppi piu' recenti, gli enti locali del Mezzogiorno incontrino "difficolta' legate da un lato alla mancata definizione di livelli essenziali delle prestazioni da assicurare in tutto il Paese (solo in parte colmata di recente) e all'assenza di adeguati meccanismi di riequilibrio territoriale nel finanziamento dei servizi pubblici, dall'altro alla ridotta capacita' contributiva pro capite e alla perdurante scarsa capacita' di riscossione dei tributi". Il lavoro della Banca d'Italia osserva che per favorire un deciso cambio di rotta sara' in primo luogo necessario ridurre i divari territoriali in quelle dimensioni che direttamente dipendono dall'azione pubblica. In secondo luogo, bisognera' rafforzare la struttura produttiva del Mezzogiorno. Per migliorare la pubblica amministrazione "da un lato, appare necessaria la riduzione dei soggetti e degli strumenti che presiedono alla programmazione e alla progettazione degli interventi nel territorio, anche attraverso la semplificazione del quadro regolatorio". Dall'altro lato, e' indispensabile un deciso miglioramento nella qualita' degli input, umani e tecnologici, delle amministrazioni pubbliche. "Nello scorso decennio le manovre di risanamento dei conti pubblici hanno inciso sulla dotazione di capitale umano, soprattutto nel Mezzogiorno, ostacolando il ricambio generazionale e l'ingresso di personale con competenze aggiornate".