20/11/2023 - Il Sole 24 Ore
Comuni, nodo prezzi sulla spending: spese correnti +6,1% rispetto al 2022
La nuova spending da 250 milioni proposta dalla manovra agli enti locali arriva su conti già gravati dall'effetto dell'inflazione, non più tamponato dai contributi straordinari, oltre che dai 100 milioni della spending review già in vigore e dal peso dei rinnovi contrattuali. Per questa ragione la previsione della legge di bilancio, che pure in valore assoluto non appare enorme, sta agitando parecchio gli amministratori locali, che la settimana scorsa in audizione alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato hanno parlato di conti a rischio e sembrano aver aperto una breccia anche al Mef dove il Governo si è detto disponibile a ridiscutere la misura. Anche se, naturalmente, resta il confine invalicabile dei «saldi invariati»: la spending, cioè, non si può cancellare senza trovare coperture alternative. Come sempre i termini della questione si fanno più chiari quando dai principi si passa ai numeri. Quelli più dettagliati e aggiornati arrivano dal «Siope+», il censimento telematico del Mef sui flussi di cassa delle Pa. Dalle tabelle il fenomeno emerge evidente. Nei primi nove mesi dell'anno le spese correnti dei Comuni si sono attestate a 47,34 miliardi, con un aumento del 5,14% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In termini assoluti, proiettando questa dinamica su base annua si tratta di 3,1 miliardi di spesa in più, su cui i riflettori del dibattito sono fin qui rimasti spenti. Il motore di questa accelerazione è dato dalla spesa per gli acquisti di beni e servizi, che arriva a sfiorare i 28,4 miliardi e segna un +6,1% rispetto a 12 mesi prima. In questo aggregato ci sono le bollette di elettricità e gas, che solo nel primo semestre hanno segnato rispettivamente un +13,6 e +9 per cento. Ma l'inflazione si fa sentire anche lontano dalle bollette: la manutenzione ordinaria degli immobili per esempio registra un +7%, le prestazioni professionali viaggiano a +9,5%, e ancora più in alto (+11,8%) volano i contratti di servizio per l'assistenza sociale alimentati anche da fenomeni di marginalità sempre più diffusi. I 200 milioni della nuova spending scritta all'articolo 88 della legge di bilancio, che a un occhio disattento possono sembrare poca cosa, arrivano quindi in un contesto già fragile, e lo stesso accade per i 50 milioni chiesti alle Province. La misura produce poi un costo ulteriore in termini di incertezza: il taglio vale in media lo 0,55% della spesa corrente al netto della missione 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) "tutelata" dalla manovra. Ma in termini pratici il conto da presentare a ogni ente resta nell'ombra, perché dovrebbe «tenere conto delle risorse Pnrr assegnate a ciascun entealla data del 31 dicembre 2023» come precisa la norma. Secondo il ministro dell'Economia, dal momento che i contributi Pnrr sono trasferimenti statali, il taglio dovrebbe essere più profondo per chi ne ha ricevuti di più, in una sorta di «contributo in conto interessi» per il debito comunitario pagato dallo Stato. Ma il risultato dipenderà dal negoziato destinato ad aprirsi nelle prossime settimane, che guarderà anche alla vecchia spending (100 milioni per i Comuni e 50 per Città e Province) appena abolita per il solo 2023 dall'emendamento approvato al Senato al Dl 132/2023 (Sole 24 Ore del 15 novembre). E terrà in bilico i conti locali almeno fino a ridosso di Capodanno. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gianni Trovati