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20/11/2023 - Il Sole 24 Ore
NEI RITARDI DEL PNRR LE COLPE DI UNA DIRIGENZA DEBOLE

Siamo al terzo anno del Pnrr e si diffondono articoli, relazioni della Corte dei Conti e commenti di esperti che dubitano sulla capacità di raggiungere, dopo le norme, i target di spesa. Alcuni sono già rassegnati ed elencano una serie di motivazioni di questo possibile fallimento, prevedibili con un po' di esperienza e buon senso. L'indicazione che emerge è che i soldi richiesti sono troppi e che la capacità amministrativa è troppo bassa. Tutto ciò si sapeva prima, o meglio lo sapevano e lo potevano immaginare tecnici e vertici amministrativi. Una politica e una dirigenza con poche competenze specialistiche sui regolamenti dei fondi, presi dall'entusiasmo e influenzati dal fabbisogno post Covid, hanno puntato alla somma maggiore pensando di contrarre «debito buono». Intanto i monitoraggi sui fondi Sie e per la coesione regalano ogni volta dati pessimi su impegni e spese. Target parziali di spesa, e non fisici, sono stati la regola. Poche volte è stato rispettato un termine e spesso si è dovuti ricorrere a progetti sponda, retrospettivi, collegati, per non perdere le risorse. I fondi si sono rivelati eccessive anche per la compresenza, da nessuno evidenziata, della spesa per la chiusura della programmazione 2014-2020 e per l'avvio della programmazione 2021-2027. Le strutture che devono assicurare la buona spesa dei tanti fondi sono sempre le stesse e quindi il sovraccarico era prevedibile. Rafforzare una struttura con competenze adeguate non si fa con decreto legge e tantomeno con concorsi a strascico. Viene da pensare a un comportamento non collaborativo dell'alta dirigenza nell'avvertire il decisore politico. Fattispecie quest'ultima che genera danni enormi in quanto non evita scelte sbagliate, spesso adottate sull'onda dell'emergenza o del riscontro mediatico. A monte c'è la perdita di fiducia tra politica e dirigenza. L'arroccamento della politica e la sua sfiducia nelle tecnostrutture hanno fatto perdere al decisore molte informazioni utili per governare. L'accantonamento della dirigenza ha generato una sorta di quite quitting anche di queste figure rispetto all'impegno oggi necessario. Che non si deve tradurre in note povere di dati, ma in indicazioni adeguatamente supportate. Non c'è solo la paura della firma, ma anche quella di contraddire la politica e i suoi staff, non di rado dotati di una certa presunzione, per evitare di essere tacciati come non collaborativi e di essere sostituiti. Sulla capacità amministrativa, l'ultima relazione della Corte dei Conti sul Pnrr si sofferma sui cambiamenti nel mercato del lavoro italiano, evidenziando una concorrenza tra pubblico e privato e un «grave ritardo» rispetto agli altri Paesi Ue nella dotazione di personale specializzato in ambito digitale. L'amministrazione centrale, con un ruolo chiave nella governance del Piano, si è indebolita negli ultimi 30 anni e ha dovuto far ricorso all'assistenza tecnica, senza riuscire ad accrescere le competenze interne. Il Dl 80/2021 ha previsto la quarta area per attrarre le competenze specialistiche, ma non si hanno notizie di amministrazioni che l'abbiano utilizzata. Con organici pieni di profili amministrativi e di funzionari, frutto di progressioni interne per anzianità, certamente è impossibile spendere tanti miliardi in progetti di valore pubblico. E così il Pnrr si trasforma da opportunità a incubo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Francesco Verbaro